Lingua

La scelta della lingua è un elemento importante per la stesura di un romanzo. E questo fu un problema per Manzoni, come per altri autori del suo tempo. Il suo intento era quello di rivolgersi a un maggior numero possibile di lettori, ma questa decisione si rivelò ardua perché l’Italia, non essendo unita, non aveva un’unica lingua comprensibile a tutti.

Nelle tre edizioni dei Promessi Sposi la lingua cambia sensibilmente: nel Fermo e Lucia, la prima edizione del romanzo scritta tra il 1821 e il 1823, l’autore usa una lingua che è un misto tra il dialetto spagnolo, quello francese e quello lombardo. La seconda edizione, la cosiddetta “Ventisettana” perché pubblicata nel 1827, è scritta nella ‘lingua dei colti’ cioè quella parlata dall’alta borghesia ovvero il toscano. Nella terza e ultima edizione, la Quarantana, Manzoni elimina tutti gli arcaismi e i lombardismi, scrive in una lingua potenzialmente nazionale, accessibile a tutti i lettori borghesi, cosa fondamentale per la creazione della vera lingua italiana.

L’autore inoltre varia il suo stile a seconda del personaggio o del contesto: riporta il linguaggio delle grida, ne usa uno erudito per Ferrante o Azzecca-Garbugli, barocco per l’Anonimo, colloquiale per Perpetua e Agnese, ecc. Per questo si può parlare di "polifonia" per i Promessi Sposi, cioè della tendenza nel romanzo a sovrapporre voci di personaggi diversi e quindi diversi punti di vista, diverse culture e ideologie.

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